Responsabilità di voto di una (quasi) neo diciottenne



Tra un mese avrò 18 anni e tra neanche 3 mesi, voterò.
Mi ritrovo quasi alla maggiore età a non sapere niente di politica. Per anni, ho solamente ascoltato i telegiornali senza mai capirne veramente il senso. Intrighi di leggi, nomi che sembrano tutti uguali, partiti che cambiano nome ogni anno.. sembra tutto così complicato. E in realtà credo che lo sia.
Sento la responsabilità di votare. Molte persone potrebbero dire: “è solo una crocetta”. È vero. È solo una crocetta, ma potrebbe essere quella decisiva.
Ho il potere di determinare l’andamento del paese per i prossimi 5 anni, minimo. Ho il potere di prendere in mano la mia vita e indirizzarla nel verso che voglio, senza sottostare alle decisioni di qualcun altro; come è successo per 17 anni.
Per 17 anni e 364 giorni, siamo stati governati in un modo che noi non abbiamo scelto. Ci siamo lamentati delle nuove leggi uscite, a volte senza neanche capirle mai a fondo. Siamo scesi in piazza per protestare contro le nuove riforme scolastiche in cui non abbiamo avuto voce in capitolo, anche se ci riguardavano direttamente.
Ma ora, finalmente posso farlo. Posso avere il potere di decidere se quella legge, riforma, o governo, è giusta o meno per me. Posso far sentire la mia idee tra quella di milioni di persone in Italia. Una voce fievole, ma pur sempre una voce.


Il presidente Mattarella, durante il solito discorso di fine anno, parla così di noi giovani:
«Mi auguro un'ampia partecipazione al voto e che nessuno rinunzi al diritto di concorrere a decidere le sorti del nostro Paese.
Ho fiducia nella partecipazione dei giovani nati nel 1999 che voteranno per la prima volta.
Questo mi induce a condividere con voi una riflessione. Nell'anno che si apre ricorderemo il centenario della vittoria nella Grande guerra e la fine delle immani sofferenze provocate da quel conflitto.
In questi mesi di un secolo fa i diciottenni di allora - i ragazzi del '99 - vennero mandati in guerra, nelle trincee.
Molti vi morirono.
Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica.
Propongo questa riflessione perché, talvolta, corriamo il rischio di dimenticare che, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell'Europa.»



Poche righe, per esprimere un concetto molto più ampio e doloroso. 
“Ragazzi del ‘99”. La prima cosa che ci viene in mente, leggendo questa frase, sono i ragazzi e le ragazze che durane l’anno appena passato hanno festeggiato i 18 anni, con sfarzose feste e inaugurazioni di nuove patenti.
Ma 100 anni fa, i “ragazzi del ‘99”, festeggiavano il loro compleanno, entrando nelle trincee durante la Prima Guerra Mondiale. 
Ogni ragazzo nato nel 1899, nel 1917, anno di entrata in guerra dell’Italia, doveva arruolarsi. A guerra finita, furono catalogati come “generazione perduta”.
Una generazione di persone perse, che non sapevano fare nessun mestiere, a parte sparare a un altro essere umano di fronte a loro. Persone, con negli occhi l’orrore della guerra, delle trincee mortali, delle navi silurate e degli aerei planati sul fondale dell’oceano.


Oggi, cento anni dopo, noi possiamo votare, noi possiamo decidere.
Possiamo fare in modo di non ripetere gli errori del passato, di poter decidere.
Perché la nostra crocetta farà la storia. Perché ognuno di noi, ogni giorno, sta scrivendo la storia.

Silvia

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