Yara, 26/11/2010 - 26/11/2018


Ci sono eventi che non ce la fai a sentirli solo distrattamente, mentre passi davanti alla tv, mentre cucini. Ti entrano dentro, cominciano a fare parte di te. E influenzano la tua vita.

Avevo 10 anni. Quel giorno stavo proprio festeggiando il mio compleanno. Il parco giochi era gremito di bambini. Si arrampicavano sui gonfiabili, si lanciavano le palline. I genitori parlavano tra loro, discutevano sui compiti assegnati per il giorno dopo. Il sole splendeva alto e la luce inondava la stanza.
Stavo giocando con una mia amichetta. Ridevo, mi lanciavo giù dal gonfiabile e poi risalivo di corsa. Ero emozionata per la torta che sarebbe dovuta arrivare. Il mio copro fremeva dalla gioia e sentivo il cuore pulsarmi in gola. Ero ansiosa di scoprire quali regali mi avessero fatto i miei amici. Non vedevo l’ora di scartare la carta da regalo a pois rosa e di intravedere quel libro che volevo da tanto tempo.
Stavo giocando, rincorrevo un mio amico per prenderlo, ma non appena sentì quelle parole, rimasi pietrificata.
Il gradasso intorno cessò per le mie orecchie. “Hanno ritrovato Yara”. Quelle tre parole rimbalzavano sulla bocca di tutti gli adulti presenti. Un sussurro. Cambiava i volti di chiunque incontrava.
Mi girai verso i miei amici. Stavano continuando a giocare. Solo io sentivo quella sensazione. Cupa, triste, addolorata, che ti blocca le gambe e ti fa venire la pelle d’oca.
Improvvisamente, la festa organizzata per me mi sembrava un’enorme presa in giro, un’inutilità in confronto a quella tragedia disumana.
Ero piccola. Ma quella fu la prima vera volta in cui capii la cattiveria di un essere umano. Capii la disumanità, la pericolosità delle persone.
Dissero che venne riconosciuta dall’apparecchio ai denti che portava.
In mezzo alla musica e ai palloncini che scoppiavano, pensai al suo viso, al suo apparecchio, a quei denti quasi perfetti che non sarebbero serviti più a niente.
La festa non era più la stessa. Io non ero più la stessa.
Mi girai verso gli adulti. Avevano la mia stessa sofferenza. Le mani unite sul cuore, quasi a volerlo accarezzare, a calmarlo, a rassicurarlo.

Ci sono tragedie che colpiscono ovunque sei, chiunque tu sia. Ti entrano dentro e non se ne vanno. Non se ne andranno mai.
Sono passati 8 anni. Non sono pochi.
Ho avuto 8 anni per maturare. 8 anni per crescere da bambina a quasi adulta, ma quella sensazione non l’ho ancora dimenticata. Quel dolore, ancora me lo ricordo.
Sei nel cuore di ogni italiano, Yara.
A distanza di 8 anni, ci sono persone ancora che ti pensano. Persone che non ti hanno mai visto, che non ti hanno mai conosciuto, ma che non si sono mai dimenticate di te.

26 novembre 2010 – 26 novembre 2018

Silvia

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